Morire giorno per giorno, Gabriele Gherardini, U. Mursia amp C. Giugno 1966.
9 EUR
Gabriele Gherardini
Morire
giorno
per giorno
Gli italiani nei campi
di prigionia dell’URSS
U. Mursia & C.
Giugno 1966
Copertina rigida con sovraccoperta illustrata a colori, rilegatura editoriale, pagine 331, formato cm. 14,5X22.
Stato di conservazione: OTTIMO PARI AL NUOVO come mostrano le immagini
«Per soffrire di russofobia non era necessario essere reazionari fino alla radice dei capelli o inquinati dal fascismo. Bastavano i centomila morti, Krinovaja, con il suo cannibalismo, le perquisizioni feroci, il carcere, le percosse, il lavoro disumano.»
Dall’inferno bianco della ritirata dell’ARMIR sulle distese gelate della piana del Don al «paradiso rosso» dei campi di prigionia sovietici: l’allucinante odissea di decine di migliaia di soldati italiani raccontata da un ufficiale di carriera che dopo aver combattuto sul fronte jugoslavo fu mandato in Russia da dove ritornò nel 1946 dopo oltre tre anni di prigionia. Ricordi atroci attraversano queste pagine, la fame, le malattie, il freddo, le sedute di indottrinamento ideologico, il calvario del ritorno fra ostacoli, rimandi, contrordini e difficoltà di ogni sorta. I soldati italiani furono vittime prima della guerra e poi dell’indifferenza del governo italiano.
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L'autore
Gabriele Gherardini, ufficiale di carriera, ha combattuto in Jugoslavia e in Russia, dalla quale fece ritorno nel 1946, dopo oltre tre anni di prigionia.
Con il termine prigionieri di guerra italiani nell'Unione Sovietica si fa riferimento ai prigionieri di guerra dell'esercito italiano in Russia (ARMIR e CSIR) e del loro destino nell'Unione Soviet Oltre 60.000 prigionieri di guerra italiani furono catturati dall'Armata Rossa durante la seconda guerra mondiale. Quasi tutti furono catturati nel dicembre del 1942 durante l'offensiva sovietica denominata "operazione Piccolo Saturno" che annientò gran parte dell'esercito italiano in Russia (8ª Armata o ARMIR, Armata Italiana in Russia).
Al suo apice, l'ARMIR era composto da circa 235.000 membri e operò tra il dicembre 1942 e il febbraio 1943 a sostegno delle forze tedesche impegnate a Stalingrado e nei dintorni. In questo periodo il numero totale di soldati italiani dispersi era di 84.830 (Ministero della Difesa italiano, 1977a 1977b). Secondo gli archivi sovietici, 54.400 prigionieri di guerra italiani raggiunsero vivi i campi di prigione sovietici; e di questi 44.315 prigionieri morirono in cattività all'interno dei campi, molti dei quali nell'inverno del 1943.
Un elenco dei nomi dei soldati, in cirillico, in cui è presente la data e luogo di morte è stato prodotto dalle autorità russe dopo il 1989 (Ministero della Difesa italiano, 199 0.085 prigionieri furono rimpatriati tra il 1945 e il 1954. Il destino individuale di 30.430 soldati, che morirono durante i combattimenti e il ritiro o dopo la cattura, è meno noto. Si stima approssimativamente che circa 20.000 uomini abbiano perso la vita a causa dei combattimenti e 10.000 uomini siano morti tra il momento in cui sono diventati prigionieri e il momento in cui si sono registrati all'interno dei campi.
Fonti russe elencano le morti di 28.000 dei 49.000 prigionieri di guerra italiani (secondo loro) nell'Unione Sovietica tra il 1942 e il 1954.
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