Il celeberrimo autore della Gerusalemme liberata godette solamente per un paio di anni dei favori e delle grazie del suo signore, Alfonso II d’Este.
Irrequieto, incostante, orgoglioso del suo talento, poco portato agli intrighi, facile all’ira, incapace di adattarsi alle regole di corte, il Tasso cadde quasi subito vittima di intrighi e di calunnie.
Finito in disgrazia, si comportò in modo maldestro, arrivando a denunciare al Tribunale dell’Inquisizione i suoi rivali e forse anche i suoi stessi principi.
Fu arrestato e trattenuto in manicomio per oltre sette anni.
Questo ritratto, ricco di suggestive intuizioni e che si legge come un appassionante romanzo, tende a rovesciare l’immagine tradizionale del Tasso; così da grande amatore di principesse e contesse, come lo voleva una certa agiografia romantica, egli viene ridimensionato a seduttore di cameriere e coriste, oltrechè interessato a fervidi amori con giovinastri avvenenti ma di scarsa moralità.
L’unica relazione amorosa che di lui si conosce a fondo è quella con Orazio Ariosto, nipote del grande Ludovico, una vicenda patetica e tempestosa che lo fece a lungo soffrire.
La sua vita è la storia di un vinto, di un poeta autentico che, nonostante il clamoroso successo della Gerusalemme, fu in pochi anni sconfitto e brutalmente soffocato da una società dogmatica, ostile, feroce
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